Ranocchio

Questa sera, sotto una bella luna piena, voglio raccontarvi quello che mi è successo.

Ero sulla riva del mio stagno a grattarmi la pancia come al solito e mi stavo appisolando ascoltando il fruscio dell’erba.
Mi accorsi pian piano di una voce cristallina che si stava avvicinando; era un canto meraviglioso.
All’inizio mi lasciai incantare, ma improvvisamente divenni consapevole del pericolo.
Spuntò da dietro gli alberi una bellissima ragazza vestita di bianco e dai capelli biondi come l’oro. Sulla testa portava una corona regale.
Il canto mi aveva distratto e, preso alla sprovvista, non seppi che cosa fare.
Così mi vide.
Provai a nascondermi, ma era troppo tardi.
Si avvicinò decisa e mi afferrò. Quindi urlò nel buio: «Ti ho trovato, o mio bel principe!»
E con grande solennità – smack! – mi diede un bacio!

Che schifo!
Dico io, ma perché queste hanno la fissa di passare tutte le sere di luna piena a baciare poveri ranocchi come me?
Ammetto che ad alcuni miei amici ranocchi piace. Buon per loro.
Io però non ne posso più!

Volete sapere perché? Ve lo racconto.

Quando è il momento di accoppiarsi, poche specie animali riescono a ridursi come ci riduciamo noi rane.
Esistono infatti tre o quattro giorni all’anno in cui tutta la comunità anfibia è improvvisamente e inesorabilmente infoiatissima.
Arrivano tutti allo stagno degli accoppiamenti con più bava di un vulcano in eruzione e in men che non si dica inizia un’orgia che nemmeno un mammifero sa che cosa sia!

Le ranocchie, prese d’assalto, si trovano a dover gestire fino a cinque ranocchi assatanati per una.
Avete mai sentito parlare della rana dalla bocca larga? Ecco!
Fra rane è così. A volte venir fuori vivi dall’accoppiamento è già una selezione naturale.

Spiegato il contesto, immaginate me, in quella situazione! All’inizio ero un po’ preoccupato e tremendamente imbarazzato, ma poi ho capito che potevo fare qualunque cosa. Così mi eccitai anch’io.
Toccava a me! Era il mio momento!
Senza esitare mi sono scaraventato sulla mia preda e mi sono fatto il ranocchio più figo dello stagno. Se fosse stato in grado di produrre uova, io e lui avremmo fatto più girini di quante sono le stelle nel cielo.

Potete ben capire quindi, che cosa me ne faccia io di una principessa.
E allora perché son qui? Solo per raccontarvi le piacevoli vicissitudini del sesso anfibio di un ranocchio finocchio?
No. Adesso viene la cosa più importante. Quella che mi è successa questa sera. Poco fa.

La serata era iniziata come al solito. Ero a pancia in su in un cespuglio comodo e umido. Poi ho sentito dei movimenti intorno a me.
Chi poteva essere? Forse una di quelle solite principesse che venivano a cercare poveri ranocchi da trasformare.
Feci spuntare cauto gli occhi fra le foglie e lo vidi.
Non era una principessa, era un principe.
Incuriosito, mi sono affacciato dal cespuglio per vedere meglio. L’agilità non è mai stata il mio forte, infatti sono ruzzolato miseramente fuori dal mio nascondiglio.
Mi ha visto subito. E meno male!
Mi ha raccolto delicatamente e ha fatto proprio quel che avrei voluto. Mi ha dato un bacio.
E che cosa è successo? Ovvio… c’è stata una trasformazione. Il bellissimo principe sì è trasformato in un bellissimo ranocchio.
E dopo gli ho dato un bacio io.

Ora è qui accanto a me e aspetta che io abbia finito questo racconto, quindi, siccome lo voglio accontentare subito, concludo come si conclude ogni favola che si rispetti, dicendovi che io e lui vivremo felici e contenti.

 

Con questo testo ho partecipato alla gara “Non sparate allo scrittore: Sei una favola” organizzata dal Collettivo Linea S presso il Count Basie di vico Tana a Genova domenica 26 aprile 2015.
Il testo è stato poi pubblicato su mentelocale.it in occasione della Giornata Internazionale contro l’Omofobia del 17 maggio 2015.