Quella che segue è la bibliografia essenziale dei testi che ho letto per comprendere la deportazione di gay e lesbiche negli anni del nazi-fascismo. L’elenco non pretende assolutamente di essere completo ed esaustivo, ma una sola condivisione di quanto da me studiato e uno spunto per iniziare comprendere.
Gli uomini con il triangolo rosa
di Heinz Heger
Heinz Heger viene arrestato a Vienna nel 1939 perché omosessuale; viene quindi deportato nei campi di concentramento di Sachsenhausen (Oranienburg) e di Flossenbürg come triangolo rosa.
Questa è la testimonianza di come è riuscito a sopravvivere tra lavori forzati, torture, stratagemmi e alleanze col nemico. Il suo racconto offre inoltre uno spaccato senza filtri sulla vita del campo di concentramento, sia sull’orientamento sessuale che in generale sulla sessualità.
Homocaust. Il nazismo e la persecuzione degli omosessuali
di Massimo Consoli
La parola “omocausto”, introdotta in italiano da questo libro, è ormai entrata nel linguaggio quotidiano del movimento gay per indicare la persecuzione nazista degli omosessuali.
Giornalista, scrittore e attivista gay, Massimo Consoli analizza e ricostruisce attraverso questo libro (soprattutto nella sua terza edizione del 1991) le motivazioni e i percorsi che portarono il pregiudizio antiomosessuale ad divenire uno dei capisaldi dell’ideologia nazista.
Dietro il vetro sottile. Memorie di un ebreo omosessuale nella Berlino nazista
di Gad Beck
Nel 1933 Adolf Hitler mise al bando organizzazioni e pubblicazioni omosessuali, mentre Heinrich Himmler, il capo delle SS, predicava la completa eliminazione degli omosessuali. In quegli anni terribili Gad Beck, figlio di un ebreo austriaco e di una luterana tedesca, conduceva la sua infanzia e adolescenza a Berlino, scoprendosi in maniera naturale, e senza sensi di colpa, attratto dagli uomini. Nel cuore di una Germania che si avvia verso la persecuzione razziale più orribile, Gad vive il progressivo restringimento del suo spazio di vita, di lavoro e di espressione, ma non si arrende alle difficoltà e non rinuncia a gustare fino in fondo il sapore della giovinezza, dell’amicizia, dell’amore. Impegnato nei movimenti sionisti, entra a far parte di un gruppo clandestino che agisce a sostegno degli ebrei, fino a che non viene tradito da una spia della Gestapo, arrestato, torturato. Sarà l’arrivo delle truppe sovietiche a salvarlo da morte certa.
Comandante ad Auschwitz
di Rudolf Höss
Rudolf Höß ricoprì diversi incarichi nei campi di concentramento negli anni compresi tra il 1934 e il 1938, iniziando una carriera, all’interno dell’amministrazione concentrazionaria, che non avrebbe più abbandonato fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.
A partire dal 4 maggio 1940 gli venne affidata la costruzione ed amministrazione del campo di Auschwitz, che da una vecchia caserma polacca trasformò nel più grande centro di sterminio del regime nazionalsocialista.
Nel corso del Processo di Norimberga Höß rispose con freddezza disarmante alle domande che gli erano state poste, discutendo con calma dell’organizzazione del campo di Auschwitz e delle strutture impiegate per portare a termine il compito assegnatogli.
Scrisse inoltre questo memoriale autobiografico nel quale racconta, fra le altre cose, il trattamento riservato agli omosessuali.
Io, Pierre Seel, deportato omosessuale
di Pierre Seel e Jean Le Bitoux
Pierre Seel, deportato a causa del suo orientamento sessuale all’età di 17 anni nel campo di concentramento di Schirmeck (presso Strasburgo), fu l’unico omosessuale francese ad avere testimoniato a viso aperto la deportazione dei triangoli rosa.
Alla Liberazione, come la maggior parte dei deportati omosessuali, non poté parlare dell’inferno che aveva vissuto. Seel tornò quindi in Francia, si sposò e mise al mondo tre figli, senza raccontare nulla del suo passato. Nel 1982, indignato dagli attacchi omofobi del vescovo di Strasburgo, decise infine di parlare e di rivelare perché fosse stato arrestato e incarcerato, aprendo finalmente una porta sugli orrori vissuti dagli omosessuali.
Raccontò anche i momenti più drammatici della sua prigionia, come l’esecuzione del ragazzo che amava.
Il triangolo rosa. La memoria rimossa delle persecuzioni omosessuali
di Jean Le Bitoux
Berlino con i suoi celebri locali, meta dei gay di tutta Europa, con l’avvento del nazismo si scatena nell’odio contro gli omosessuali: i Tedeschi hanno bisogno di figli, futuri combattenti per la grandezza della Germania e della razza, e i gay diventano nemici da identificare ed eliminare. Inasprite le leggi, 100.000 omosessuali sono vittime di delazione, marchiati e perseguitati dalla polizia e dalle SS, più di 10.000 finiscono nei campi di concentramento, e le persecuzioni si estendono via via nei territori annessi dalla Germania. Finita la guerra, vittime, testimoni e storici tacciono. La deportazione omosessuale è rimossa dalla memoria collettiva, spesso le commemorazioni dei triangoli rosa sono osteggiate dalle altre categorie di deportati e non di rado continuano ad esistere per decenni leggi persecutorie e omofobe. In questo libro, pietra miliare del movimento LGBT in Francia e oramai anche in Italia, Jean Le Bitoux, utilizzando le fonti più varie, da testimonianze dirette a conversazioni e interventi di Sartre e Foucault, ci restituisce questa storia dimenticata e indaga le ragioni della rimozione, dell’oblio.
Vittime dimenticate. Lo sterminio dei disabili, dei Rom, degli omosessuali e dei testimoni di Geova
di Giorgio Giannini
Perché la storia di alcuni gruppi di internati non sono state ricostruite? Perché spesso queste persone non venivano ricordate nelle commemorazioni ufficiali delle vittime di quella barbarie. Oltre agli ebrei, infatti, il nazismo tentò di sterminare i disabili, condannati alla sterilizzazione o al lager in nome dell’eugenetica; gli zingari, considerati un pericolo sociale e poi internati e uccisi; gli omosessuali, perseguitati, castrati e rinchiusi nei campi di concentramento; i testimoni di Geova, eliminati per il loro rifiuto del servizio militare e la loro opposizione al regime.
Questo libro prova brevemente a rispondere a queste domande.
Il nemico dell’uomo nuovo. L’omosessualità nell’esperimento totalitario fascista
di Lorenzo Benadusi
La pervasività del modello di virilità imposto dal fascismo, la portata del suo disegno totalitario, i successi e i fallimenti del progetto di rivoluzione antropologica degli italiani, gli strumenti per realizzarlo, il rapporto tra morale tradizionale e nuova morale fascista, il grado di ingerenza della politica nella sfera privata delle persone. L’omosessuale rappresenta il negativo del modello fascista di virilità. Attraverso lo studio di fonti eterogenee e spesso inedite, il giovane storico analizza le direttive impartite dal regime per salvaguardare “l’integrità della stirpe”, delineando anche il contesto culturale tramite il quale l’accusa di pederastia ha assunto spesso un movente politico.
In Italia sono tutti maschi
di Luca De Santis e Sara Colaone
Nel 1938 l’Italia fascista promulgava le sue leggi razziali. A differenza di quelle tedesche, non menzionavano particolari provvedimenti contro gli omosessuali. In Italia, infatti, erano tutti maschi, attivi, virili e poco inclini a tali debolezze. Queste furono le parole con cui Mussolini liquidò ufficialmente la questione. Sappiamo invece che fu attuata una fitta repressione e che dal 1938 al 1942 circa 300 omosessuali italiani vennero mandati al confino. Pochi ex-confinati omosessuali accettarono in seguito di parlare della repressione subita e i pochi che lo fecero preferirono nascondere la propria identità e il proprio volto. La narrazione di questa graphic novel prende l’avvio da questi fatti e si ispira alla figura di uno dei testimoni di questa vicenda.
La città e l’isola. Omosessuali al confino nell’Italia fascista
di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio
A seguito di meticolose indagini, decine di catanesi, in gran parte giovani o giovanissimi, vengono prima incarcerati, poi mandati al confino alle Tremiti fino allo scoppio della guerra, in due casermoni sull’isola di San Domino. Tornati a Catania, cercheranno di dimenticare e far dimenticare ciò che hanno vissuto. Pochissimi di loro, a distanza di decenni, hanno accettato di raccontarlo. A partire da queste testimonianze e da fonti d’archivio, Goretti e Giartosio ricostruiscono un mondo che sembrava scomparso nel nulla.
La caso di G. La patologizzazione dell’omosessualità nell’Italia fascista
di Gabriella Romano
Torino, novembre 1928. Un uomo viene arrestato e successivamente internato nel manicomio di Collegno. È il fratello a denunciarlo e quasi sicuramente a rivelarne le “tendenze omosessuali”, sapendo che questo comporterà l’arresto, il confino o il ricovero in ospedale psichiatrico. La cartella clinica di G. contiene uno straordinario documento autobiografico in cui dichiara la sua omosessualità, denuncia le continue minacce, l’ipocrisia e i ricatti del fratello, per chiedere, con consapevolezza moderna, la sua parte dell’eredità di famiglia ed un risarcimento per le conseguenze socio-economiche dell’omofobia che ha subito. Uscirà dal manicomio con una perizia che lo dichiara sano di mente. Questo libro indaga l’internamento psichiatrico come strumento di repressione dell’omosessualità durante il regime ed allarga lo sguardo al pensiero psichiatrico sull’inversione sessuale durante il Ventennio.
Le ragioni di un silenzio. La persecuzione degli omosessuali durante il nazismo e il fascismo
a cura del Circolo Pink
Il fatto che la ricerca storica possa fornire finora soltanto una stima approssimativa del numero degli uomini internati con il triangolo rosa, ci parla dell’estremo isolamento in cui i sopravvissuti omosessuali sono stati costretti a vivere, sentendosi raramente parte di un collettivo. La causa è rintracciabile nel silenzio loro imposto dalle società del dopoguerra. Deliberatamente esclusi dalla cultura della Memoria, trattati come criminali e pervertiti, la loro persecuzione divenne destino individuale.