«Il Popolo di Val Polcevera» è stata una pubblicazione periodica genovese, in particolare della zona di Sampierdarena, fra il 1943 e il 1945, durante cioè il periodo della Repubblica Sociale Italiana. L’indirizzo politico era reso chiaro dal sottotitolo del periodico e cioè “Settimanale d’azione dei Fasci repubblicani valpolceveraschi”.
Ne conservo una pagina, di cui sotto riporto le scansioni del fronte e retro, perché nella stampa del 12 febbraio 1944, nella rubrica “Sassate dal Polcevera”, il giornale attaccò mio bisnonno Vittorio Meichsner de Meichsenau (in quegli anni parte del cognome era stata tradotta in Maineri de Meichsenau).
La situazione in effetti per lui era molto delicata.
In seguito alla caduta del Governo fascista del 25 luglio 1943, la Commissione operaia antifascista dell’Ansaldo lo sospese dalle sue funzioni di Capo amministrativo dello stabilimento Artiglieria, accusandolo d’essere un fascista antemarcia sin dal 12 settembre 1919. Era infatti successo che nel 1938 Gabriele D’Annunzio avesse chiesto ed ottenuto da Benito Mussolini che tutte le persone coinvolte nell’Impresa di Fiume fossero iscritte al Partito Nazionale Fascista, convenzionalmente nella data della sua entrata in città.
Lui era stato Ministro alle Comunicazioni del Governo fiumano di D’Annunzio.
La Commissione, preso atto che l’iscrizione era stata retrodatata artificialmente, lo reintegrò nel suo posto di lavoro.
Quando la situazione mutò e venne istituita la Repubblica Sociale Italiana con un risorto P.N.F., per lui le cose sul lavoro si complicarono e non ottenne l’avanzamenti di carriera previsto.
L’articolo di «Il Popolo di Val Polcevera» uscì proprio in questo momento.
Dopo la liberazione della Città di Genova, la Commissione del C.L.N. per l’Ansaldo Centrale, ripetendo lo stesso errore, lo sospese di nuovo dalle sue funzioni dichiarandolo indesiderabile dal 25 luglio 1945.
Nel processo di epurazione che si svolse dopo quattro mesi di sospensione, fu difeso e sostenuto dagli stessi operai dello Stabilimento Artiglierie che formavano la Commissione interna.
Il procedimento si concluse con la piena assoluzione.
Un altro “commendatore”…
Carciofo.
Anche lui, dai suoi tirapiedi, si fa chiamare «commendatore».
Requisiti massonici e filo-giudaici ad abundantiam.
Cacciato dallo stabilimento da impiegati ed operai in rivolta: a luglio.
Il «commendator Carciofo» ha scritto una bella letterina untuosa piagnucolosa piena di amorosi sensi a quelli della Commissione interna, per spiegare come e qualmente le sue pene furon tante.
Segreto epistolare svelato dai compagni commissari in piena mensa aziendale ad operai ed impiegati.
Scrisse il nostro commendatore:
«Non sono mai stato di sentimenti fascisti. L’anzianità e la sciarpa Littorio sono state da me comperate e pagate con svariati biglietti da mille».
Ma guarda: e per tanti anni si è pappato una discreta indennità, continua a papparsela pur non essendo di sentimenti fascisti… In nome dei quali, però, giurando e spergiurando, ha voluto la sua brava anzianità; il resto in contanti!
Coraggio, commendator dottor Meissner o Maineri, che dir si voglia (ucci, ucci, ucci, che puzza di ebreucci).
Dal momento che avete sputato – nero sul bianco – il mercimonio, fuori i nomi dei venditori.
Se non lo fate, siete due volte vile.