Quotidiana apertura di un armadio di identità

Questo breve racconto nasce da una riflessione sulla compresenza in ogni essere vivente di maschile e femminile, di una parte più pratica e forte e di una più emotiva. La serenità personale è possibile solo nella riappacificazione dell’una con l’altra.
L’occasione era stata l’uscita del video “Tous Les Mêmes” di Stromae.

Come ogni mattina sono andato in bagno e dopo essermi lavato le mani mi sono guardato allo specchio. Attraverso la superficie lucida e luminosa vedevo riflettersi lo spazio intorno a me in una ripetizione magica della realtà. Una cosa sola non andava bene: al centro continuavo a non riconoscere la persona che vedevo. Mi scrutavo e mi controllavo, sapevo di essere io; sapevo però anche di non esserlo.
Svolsi tutte le consuete operazioni del mattino e tornai in camera a vestirmi. Dovevo scegliere cosa indossare e nel contempo dovevo scegliere chi quel giorno sarei stato.

Non era un’operazione facile.

La mia identità oscillava quotidianamente e ogni mattina iniziava una storia nuova. Quel giorno mi ero svegliato donna. Mi ero svegliata e da subito avevo capito quel che stava succedendo. L’incongruenza fra ciò che mi sentivo e ciò che vedevo nello specchio era proprio stridente. La mia immagine riflessa era quella di uno sconosciuto.

Presi all’inizio un abito rosso. Era troppo forte e indossato sembrava un’ulteriore distonia. Meglio qualcosa di scuro; si sarebbe adattato meglio al mio sguardo imbarazzato e sfuggente. Pantaloni! Meglio i pantaloni. Le persone che mi fissano per strada sembrano più tranquille quando indosso i pantaloni.

Cercare nell’armadio si stava come al solito trasformando in una ricerca di me stessa. Capire cosa fosse in sintonia con l’immagine di me che percepivo era il modo migliore per capirla. Ne tracciavo i confini e quindi ne scoprivo la forma. Scoprivo la mia identità e già la elaboravo e plasmavo.
Il tacco dell’altezza giusta; colori scuri e solenni; i capelli lisci e neri raccolti in ordine da un lato.
Il trucco avrebbe completato il lavoro.
Rimasi quindi di nuovo accomodata davanti allo specchio a dipingere su di me l’identità che sentivo. Ero pronta a fare tante correzioni, che però non si rivelarono necessarie. L’esperienza ad ascoltarmi ed indagarmi col piacere di scoprire qualcosa di nuovo mi aveva ormai insegnato a lavorare come un artista, che appoggia il pennello alla tela sapendo già come lo muoverà.
L’opera d’arte parlerà da sola. Mentre inizierà a prendere forma, chiederà essa stessa da che parte andare. Come quando scrivi un racconto in cui i tuoi personaggi prendono vita e tu che scrivi non ne hai più il controllo; sei costretto a inseguirli. Era la stessa cosa.
Ci volle quasi un’ora. Quel giorno mi ero svegliata con un’anima intensa e forte, profonda e nobile. Abito, trucco e ogni attenzione costruivano la nuova identità.

Quella sera la stessa identità sarebbe morta e il giorno dopo si sarebbe anche potuto svegliare uomo. Sì, forse domani sarò un uomo. Un bell’uomo. Ma sempre con la delicatezza di chi ha anche saputo essere donna. È il segreto di chi può scoprire quanto grandiose possono essere la forza femminile e la forza maschile fusi in una persona sola.

Il mattino dopo in effetti mi svegliai e mi accorsi di sentirmi un uomo. Arrivai davanti allo specchio con l’impazienza di chi deve scoprire qualcosa di misterioso. Scoprii un’altra volta la stessa sensazione: ero io, ma non ero io.
La mia immagine riflessa era quella di un uomo e nonostante mi sentissi un uomo, in quell’uomo non ritrovai me stesso. Il giorno prima ero una donna nel corpo di un uomo; il giorno dopo, un uomo nel corpo dell’uomo sbagliato.
E ricominciai lo stesso lavoro.
Trovare gli abiti giusti ed indossarli era un’altra volta vestirmi dell’identità che sceglievo.

Provo invidia nell’osservare le persone belle. Anche nudi sembrano vestiti. Non hanno bisogno di coprirsi, perché la loro identità è già il loro vestito. Vorrei che anche per me fosse così facile, ma non lo è.
Mi consolo pensando che io devo essere più complesso, più complessa; la semplicità di chi è già bello non è mia. Forse la mia è un’identità più ricca? Non lo so. Sicuramente più multiforme, poliedrica e più ampia.
Alla sera della mia giornata da uomo tornai davanti allo specchio, mi spogliai di quella seconda pelle e osservai quell’identità spegnersi; lascia la mia immagine riflessa per andare a dormire.