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Verde

Il verde era insistente, un colore presente in tutti i meandri del paesaggio che mi si presentava davanti. La sua insistenza era angosciante, sembrava tutto irreale ma ugualmente presente: era un vero e proprio incubo. Provai a girare gli occhi, provai a girare la testa: verde. Provai persino a chiudere gli occhi, ma la luce che mi passava dalle palpebre era sempre verde. Non mi era mai successa una cosa simile, non sapevo come chiamare questo fenomeno. Cominciai a correre, a correre, a correre. Sentivo i battiti del mio cuore come rimbombare nella mia gola. Ero come stretto dall’atroce morsa della paura, la terribile dama velata, e io ero il suo trastullo, il suo divertimento, e lei si divertiva, rideva così forte che sentivo quasi il suo raggelante ghigno. Era lì, davanti a me; la percepivo così forte che mi sembrava di vedere i suoi denti divertiti. Ma io non mi divertivo, volevo che tutto finisse, ma non finiva. Arrivai in un posto strano: una strada illuminata a giorno. Forse era notte, ma chi poteva dirlo, il cielo non era azzurro, bianco, grigio o nero, blu; il cielo era verde. Improvvisamente vidi in fondo alla via uno specchio. Vi corsi incontro, ma ad ogni passo la paura mi prendeva ancora di più. Una strana sensazione mi pervadeva: cosa avrei visto?
Lo specchio era lì, accanto a me, ma non avevo il coraggio di mettermi davanti: era troppo per me.
Mi decisi, dovevo sapere; per un attimo la dama smise di ridere e io guardai lo specchio.
Un rantolo uscì dalla mia gola, un urlo squarciò il silenzio persistente; la dama era soddisfatta del suo lavoro.
Nello specchio, davanti a me, non c’era più la mia immagine, ma una persona che non conoscevo: io.
La fissai attentamente e poi chiusi rapidamente gli occhi, finché mi ritrovai in essa, nei suoi movimenti, nelle sue perturbazioni.